
Uscire da una Srl con debiti o in perdita: come si fa?
Si può recedere da un società limitata da gravi motivi come quelli relativi al rischio di fallimento o per ragioni di salute?
Come ci si libera delle quote di una Srl? Non è cosa facile e a dirlo è una recente sentenza del tribunale di Catanzaro. Il recesso per giusta causa infatti non trova spazio nelle Srl se non è previsto dallo statuto. Ma allora, come si fa a uscire da una Srl con debiti e in perdita? Se si vuole cedere la propria quota per evitare di essere invischiati in un fallimento oppure perché, per ragioni di salute, di età o di altre occupazioni, non si è più in grado di seguire gli affari societari, cosa bisogna fare? Cercheremo di capirlo in questo articolo.
Il recesso nelle società di persone
Nelle società di persone (Snc, Sas, Società semplice) esercitare il recesso e uscire fuori dalla società è più semplice che nelle società di capitali. Infatti, secondo quanto stabilito dal codice civile , ogni socio può innanzitutto recedere dalla società quando vuole se questa ha una durata pari a tutta la vita di uno dei soci o è a tempo indeterminato . Nonostante tale possibilità, si può recedere dalla società di persona quando vi è una giusta causa. Resta ferma la possibilità per lo statuto di indicare altre cause di recesso, secondo quelle che sono le esigenze e intenzioni dei soci al momento della costituzione.
Il recesso nelle società a responsabilità limitata
Secondo la sentenza del tribunale di Catanzaro, alle Srl non si può applicare la legge prevista per le società di persone e, quindi, non è possibile il recesso dalle Srl per giusta causa. Le cause di recesso da una Srl sono “tipizzate” dal codice civile che le elenca, e sono le seguenti.
Società senza termini di scadenza o durata eccessiva
Un primo caso in cui è possibile recedere da una Srl è quando la durata della Srl è a tempo indeterminato. Nessuno può essere costretto a rimanere socio a vita di una società, anche se ha firmato l’atto costitutivo. Secondo la legge, va considerata “a tempo indeterminato” anche la società la cui scadenza avvenga a data prestabilita, tuttavia così lontana da ritenersi – in relazione alle aspettative di vita lavorativa del socio – come se fosse “a tempo indeterminato”. Si pensi, ad esempio, a una società con scadenza dopo cinquanta anni per dei soci che, all’atto del rogito, hanno già 40 anni. Questa aspettativa, secondo le previsioni Istat, va determinata per gli uomini a 80,2 anni e per le donne a 84,9 anni. Pertanto, ad esempio, un maschio che fosse cinquantenne alla data di costituzione – avvenuta nel 2014 – di una società la cui scadenza è fissata al 2054, potrebbe considerare che la società è sostanzialmente a tempo indeterminato e quindi recedere quando vuole .
Previsione di un atto costitutivo
Così come per le società di persone, anche nelle Srl l’atto costitutivo può prevedere delle specifiche cause di recesso. Dall’altro lato potrebbe però prevedere l’intrasferibilità delle quote o subordinare la stessa al previo consenso dei soci.
Opposizione a decisioni dell’assemblea
Nessuno può essere costretto a restare in una società di cui non condivide più le scelte. Ma ciò vale solo quando le decisioni prese dall’assemblea riguardino determinati aspetti importanti della vita sociale che sono elencati dal codice civile . Si tratta per lo più di decisioni che incidono profondamente sulla società. In particolare, possono recedere dalla società i soci che non hanno acconsentito – perché assenti, astenuti o contrari – alle seguenti delibere:
- cambiamento dell’oggetto sociale;
- cambiamento del tipo di società;
- contrarietà rispetto ad operazioni di fusione o scissione;
- contrarietà rispetto alla revoca dello stato di liquidazione;
- contrarietà rispetto allo spostamento della sede all’estero;
- compimento di operazioni che comportano sostanziali modifiche dell’oggetto sociale;
- eliminazione di una causa di recesso prevista dallo statuto;
- la presenza nello statuto di una clausola di intrasferibilità assoluta delle partecipazioni;
- la presenza nello statuto di una clausola di mero gradimento rispetto alla cessione: in tal caso però, solo avendo attivato la cessione della partecipazione (ed avendo riscontrato il rifiuto al gradimento espresso dall’organo deputato, secondo statuto, ad esprimere il gradimento stesso), si può iniziare la procedura di recesso ;
- aumento di capitale approvato con offerta a terzi delle partecipazioni di nuova emissione (si tratta cioè dell’aumento di capitale con rinuncia al diritto di opzione, fattispecie possibile per le srl nel caso in cui tale eventualità sia semplicemente prevista nell’atto costitutivo).
Uscire da una Srl con debiti o in perdita: come si fa?
Se è vero che non si può recedere dalla Srl per giusta causa è anche vero che è impossibile recedere solo perché la società sta producendo in perdita o ci sono debiti superiori ai crediti. Come abbiamo visto, infatti, la legge ha previsto una serie di ipotesi «legali» di recesso: la facoltà di uscire dalla società per unilaterale volere dei soci di Srl compete solo quando «non hanno consentito al cambiamento dell’oggetto o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione, al trasferimento della sede all’estero, alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo e al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto della società» o una «rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci». Nessuna di queste cause riguarda quindi lo stato dei conti e le passività.
Di regola, quindi non è permesso ai soci di uscire dalla società quando vogliono, seppure per gravi motivi familiari o personali come quelli di salute o per debiti o un , salvo che la società non sia stata contratta a tempo indeterminato, vale a dire senza una durata prefissata, nel cui caso ogni socio potrà con un preavviso di sei mesi chiedere la liquidazione della propria quota di partecipazione.
La buona notizia, tuttavia, i creditori non potranno mai valersi nei confronti dei soci e del loro patrimonio personale, della casa, del fondo patrimoniale e di qualsiasi altro bene che non sia della società stessa. Siamo infatti nell’ambito delle società di capitali per le quali vale il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta: i soci rischiano solo i soldi versati con il conferimento iniziale e quelli eventualmente successivi.
Dunque, se anche la società dovesse fallire, il socio che non è riuscito a recedere prima non rischia alcunché e non deve temere alcuna azione da parte dei creditori.
Fonte: laleggepertutti.it, 28 Marzo 2018.